Viviamo in una società incentrata su individuo e individualismo: bisogna essere felici, star bene, cercare soluzioni personali, risolvere le magagne che ci riguardano in prima persona; dedicare attenzione a esperienze di solidarietà e partecipazione può sembrare quasi una scelta stravagante.
Questa impressione è ancor più amplificata nel sud Italia, e in generale in terre dominate dalla criminalità organizzata e dalle mafie, nelle quali vige da sempre la legge del più forte, ma se ci guardiamo intorno con attenzione scopriamo esperienze sorprendenti nei territori più impensati della Calabria, che tuttavia non trovano spazio nella narrazione che si fa di questa regione.
Ho iniziato il mio percorso personale in Primavera della Calabria provenendo dall’esperienza di un movimento civico Lamezia Bene Comune e la premessa teorica sopracitata è diventata esperienza vissuta che ha incontrato altre esperienze vissute in volti di uomini e donne impegnati a cercare qualcosa di diverso nella palude della politica personalistica e nel vuoto dei partiti, ormai diventati contenitori di interessi e scambi, di condivisioni programmatiche che mutano in base a opportunità che non distinguono più cosa voglia dire essere di destra o di sinistra.
In Primavera della Calabria ho trovato “casa” un impegno di tanti come me per e con l’altro da sè, che è il senso, a mio avviso, della politica, con l’obiettivo condiviso di migliorare il contesto di vita di quelli rimasti indietro e costruire un’economia e una società diversa, una velocità invertita, soprattutto in questa regione.
L’astensionismo elettorale è il sintomo di una società malata, non è cosa da limitare alla statistica: è un interrogativi aperto, che accusa il sistema del grande deficit di mancanza di risposte. Da qui la tendenza a rincorrere la soddisfazione personale perdendo la dimensione di quella collettiva. Fa molto comodo al sistema.
L’esperienza di questi due mesi di Laboratorio Politico è stata, da questo punto di vista, entusiasmante e promette bene per il futuro di questo movimento di cui ho scelto di fare parte: la voglia di partecipazione non ha abbandonato la politica, se mai è vero il contrario: è la politica che schiva la voglia di partecipazione, perché – diciamolo – è infinitamente più comodo e funzionale.
Molti giovani hanno semplicemente scelto strade diverse: l’associazionismo, il volontariato, il dare il proprio contributo a forme più ridotte di “sentirsi parte” di un progetto di vita diverso, meno individualista e condiviso con altri, magari pochi, ma non importa se si sente di fare qualcosa di buono.
Tuttavia è anche vero che perdendo rappresentanza, l’alto senso definitivo della democrazia, si è creata una frattura tra politica trincerata nella difesa di rendite di posizione e privilegi (che in tempi di social e di dominio occultato nella vita dei cittadini può diventare addirittura un pericolo) e mondo civile di cittadini e cittadine che hanno trovato altri modi e mondi, con visioni diverse, ma pur sempre ridotti.
E’ da tempo che viviamo tempi bui nella qualità della rappresentanza politica ed è ora di far diventare quelle minoranze creative, quel reticolo di associazioni, di uomini e di donne impegnate nel quotidiano in battaglie importanti, un’unica mano con dita intrecciate per riprenderci la dignità di una RAPPRESENTANZA POLITICA che ci spetta di diritto, senza la quale, non dimentichiamo, forse il singolo può trovare una giusta realizzazione, ma non si realizzerà quella società equa, più giusta, di pari diritti, che da sempre è stata priorità di una sinistra credibile, ormai persa da troppo tempo.
Non rinchiuderti, Partito, nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada, diceva Vladimir Majakovskij.
Questo il motivo per cui ho scelto l’impegno in Primavera della Calabria: io voglio tornare per strada con altri come me, felice di starci.
Daniela Grandinetti
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