Su alcune spiagge calabresi, ma soprattutto lungo il tratto ionico reggino che detiene il record nazionale, nidificano le tartarughe marine appartenenti a Caretta caretta, specie protetta a livello internazionale. La bella notizia rimbomba ogni estate su tutti i giornali e telegiornali dove qualcuno associa il lieto evento a spiagge naturali e selvagge sgombre da rifiuti e da qualsiasi altra contaminazione di origine antropica. I comuni rivieraschi interessati dal fenomeno, l’amministrazione regionale, le pro-loco, e persino le associazioni di balneari, sono i primi a riprendere la notizia e a rilanciarla per rimpinguare l’offerta turistica. Tutti pronti dunque a fregiarsi del marchio “Caretta” sfruttando il grande appeal mediatico di una specie effettivamente molto carismatica. La schiusa delle uova attira frotte di turisti che godono dello spettacolo dei piccoli che arrancano verso il mare seguendo il richiamo atavico del suo grembo. È impagabile vedere la meraviglia negli occhi dei bambini che assistono a questa scena e che certamente, almeno per un attimo, sarebbero contenti di giocare insieme alle tartarughine facendo a gara a chi si tuffa prima in mare.
Eppur tuttavia, quando si tratta di proteggere la tartaruga e il suo habitat terrestre iniziano i mal di pancia.
Siamo intanto certi che le spiagge calabresi siano davvero così accoglienti per le tartarughe?
A sentire chi quelle spiagge le percorre giornalmente per la ricerca attiva dei nidi, pochissime covate andrebbero a buon fine senza un loro intervento. I cingoli dei pulispiaggia o, ancor peggio, i pneumatici di quad e fuoristrada che scorrazzano impuniti sull’arenile rappresentano un pericolo costante su tutta la costa calabrese, e non c’è vincolo che tenga: Parchi Marini, Riserve Regionali, ZSC (Zone di Protezione Speciale), il traffico è intenso e nulla viene risparmiato. Come accade in tante altre situazioni, anche in questo caso, da un lato c’è chi infrange le regole e dall’altro c’è chi queste regole non riesce o non vuole farle rispettare, con sindaci che plaudono alla nidificazione di una tartaruga sulla spiaggia del proprio comune e il giorno dopo salgono sulla ruspa annunciandone la pulizia meccanica, pratica distruttiva non solo per i nidi di Caretta caretta, ma per tutte le altre specie e habitat costieri.
E se provi a denunciare la presenza di un fuoristrada in spiaggia? Ecco che i mal di pancia aumentano, soprattutto per chi segnala, che deve sorbirsi prima la classica identificazione “chi è, da dove chiama, mi lasci un suo recapito”, poi lo scarica barile delle competenze, la lamentela spesso giustificata sulla scarsità di risorse e di personale, e poi la classica domanda “ma se arriviamo troviamo ancora il mezzo sulla spiaggia?” come se oltre a riconoscere un abuso un cittadino debba anche essere in grado di prevedere il futuro. E’ evidente che qualcosa non funziona.
Si tratta innanzi tutto di un problema culturale.
Chi gestisce la propria porzione di demanio marittimo, sia esso un comune, un concessionario, un ente parco, ne ignora il valore e di conseguenza non può proteggerla e valorizzarla appieno. Inoltre gli enti preposti alla vigilanza sono per così dire “poco organizzati” se non addirittura “troppo impegnati” per dedicarsi anche alla tutela di spiagge e dune. Nelle more che ci si organizzi o che diminuiscano gli impegni però la costa calabrese continua a essere degradata insieme al suo patrimonio di biodiversità che, ancora una volta, rimane protetto solo sulla carta.
Eppure per non farsi complici di questo scempio basterebbe così poco, solo il rispetto delle regole che già esistono, a costo zero.

Archivio Caretta Calabria Conservation