Quante Saman Abbas?

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Del volto della giovanissima Saman sono pieni le tv e i giornali: troverete in rete articoli che riportano una cronaca sciatta, sgrammaticata, piena di refusi. No, anticipo la domanda e/o perplessità: di fronte a un fatto così grave, violento, barbaro, non importa certo la “forma” della notizia soltanto perché dai giornali ci aspetteremmo la correttezza sintattica e ortografica come forma di serietà professionale, no, è cosa ben più grave.

Quella sciatteria ci dà l’esatta dimensione del modo in cui trattiamo questo tipo di notizie: un fatto di cronaca nera (ancora peggio consumato tra i retrogradi musulmani integralisti immigrati nelle nostre terre immacolate dove ogni 24 ore viene uccisa una donna) da dare in pasto inseguendo l’aggiornamento dei fatti, non importa cosa o come si scrivi, è la rapidità la prima legge, importa arrivare per primi a darla, quella notizia, importa avere più seguito.

E Saman? Dove la sua storia? Il suo diritto non soltanto alla vita, ma alla libera scelta di come viverla quella vita? Saman che si è ribellata al padre che non voleva mandarla a scuola, che la cacciava di casa perché dormisse sul marciapiede perché comprendesse “chi” aveva il potere di decidere per lei, quel padre che la voleva rispedire in Pakistan perché sposasse un cugino.

Saman non voleva e adesso non sappiamo dove sia e come sia sparita e, a questo punto, secondo quanto pensano gli inquirenti, come sia morta.

Di Saman oggi sentiamo parlare , le immagini scorrono e scorreranno fino a quando la nostra curiosità malata non sarà satura, poi diventerà una delle ennesime notizie date in pasto, mangiate e digerite, fino a che ci dimenticheremo di lei. In fondo, sono barbari che lapidano le donne, loro.

Ma siamo responsabili tutti, in qualche modo: le donne ancora oggi sembrano dover lottare sempre con più forza e determinazione per ottenere e veder riconosciuti i propri diritti, e se in Medio Oriente o in Asia siamo al Medioevo, perfino in Europa si assiste a un preoccupante aumento di odio e discriminazione verso i movimenti femminili e verso la società civile. Il tessuto sociale è sempre più incrinato, e ad alimentare questi problemi sono i leader politici, compresi quelli nostrani, che incolpano determinati gruppi per la nascita di problemi sociali ed economici.

Dovremmo vergognarci, perché fino a che l’ultima Saman non sarà libera di scegliere e vivere secondo i propri sogni e le proprie ambizioni, nessuno potrà dirsi libero davvero.

A te Saman, dedichiamo un pensiero di cura e amore, giovane donna stroncata dai tuoi aguzzini, con la promessa che continueremo ad alzare la voce per le tante Saman che non hanno il tuo stesso coraggio, quel coraggio che ti è costato così caro.

 «Io sto gridando, ma tu non mi rispondi. Un giorno mi cercherai ed io me ne sarò andata da questo mondo» (Zarmina, 17 anni, suicida perché perseguitata e picchiata dalla sua stessa famiglia, rea di scrivere versi)

NON ILLUDETEVI, voi che seguite la cronaca dalla tv, il grido di Zarmina è un dito puntato contro tutti, è il grido di tutte le donne di ogni Paese : anche del nostro, là dove la violenza ancora si annida dietro la facciata del benessere.


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