Quale futuro per le aree protette in Calabria?

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Con la Strategia per la Biodiversità 2030 l’Unione Europea si prefigge di raggiungere la quota del 30% di territorio incluso in aree protette marine e terrestri entro il 2030. In Calabria siamo sotto questa quota per gli ambienti terrestri (circa il 15%), ma soprattutto per gli ambienti marini (intorno all’1%).

La priorità in ambiente terrestre dovrebbe essere, quindi, di mettere a sistema le aree protette esistenti in modo da creare la Rete Ecologica Regionale (RER) di cui si ha traccia nei documenti della Regione dal 2002 (10/12/2002 Supplemento straordinario n.6 al B.U. della Regione Calabria – Parti I e II – n. 22 del 30 novembre 2002), ma che non è mai diventata realtà. La RER dovrebbe essere formata da una rete di aree con diverso grado di protezione che faciliti il mantenimento dei livelli di biodiversità attuali e favorisca il corretto funzionamento degli ecosistemi. A questo scopo sono state avanzate alcune proposte di legge per istituire un parco nella Catena Costiera (Parco Naturale Regionale di Monte Caloria e della Catena Costiera, proposta di legge regionale n. 163/9^; Parco Naturale di Monte Cocuzzo e della Catena Costiera, proposta di legge regionale n. 468/10^) e uno nella valle del fiume Neto (Parco fluviale del Neto, proposta di legge regionale n. 178/9^), ovviamente tutte rimaste sulla carta anche se avrebbero potuto offrire migliori livelli di tutela per le Zone Speciali di Conservazione (ZSC) incluse in Rete Natura 2000 e che ricadono in questi territori.

Vista l’esiguità delle aree marine protette, queste dovrebbero essere ampliate sia aumentando la superficie di quelle esistenti sia istituendone di nuove. A questo proposito, potrebbe essere di grande valore un ampliamento del Parco Nazionale dell’Aspromonte fino alla Costa dei Gelsomini nei dintorni di Brancaleone (RC), spiagge in cui è stata rilevata la più grande densità d’Italia di nidi della tartaruga marina Caretta caretta. Si verrebbe così anche a colmare una lacuna dei parchi calabresi, nessuno dei quali arriva fino a mare. L’istituzione di nuove aree protette deve in ogni caso essere il risultato di una concertazione fra istituzioni e cittadini affinchè queste non vengano percepite come imposte dall’alto e siano accettate e sostenute dalle popolazioni residenti.

Da un incontro tenutosi il 2 luglio presso il Centro di Recupero Animali Selvatici di Rende (CS), gli operatori della natura attivi in Calabria hanno messo in evidenza che le aree protette calabresi hanno le seguenti debolezze:

Incontro Primavera della Calabria 2 luglio, Rende
  1. la gestione;
  2. il controllo;
  3. le competenze;
  4. le infrastrutture.

Mentre per i parchi naturali e le riserve regionali le carenze gestionali sono per lo più da imputare alla scarsezza di fondi che vengono solitamente dedicate allo studio e alla conservazione della biodiversità, per le aree incluse in Rete Natura 2000 il problema più grande è la completa assenza di gestione. Infatti, soprattutto per le ZSC che non sono incluse nei perimetri di altre aree protette, manca nella stragrande maggioranza dei casi un organo che possa realmente occuparsene.

Anche nei casi in cui i piani di gestione sono presenti e approvati (che purtroppo sono ancora assenti anche per importanti aree protette), ed esiste un organo di gestione, spesso manca il controllo del rispetto dei vincoli e delle limitazioni delle attività antropiche che alterano l’ambiente naturale. Un importante ruolo dovrebbe averlo una più stretta collaborazione tra enti parco, guide ambientali escursionistiche e Carabinieri Forestali, oltre che l’istituzione di figure come quella del guardiaparco. Una più capillare informazione sulla presenza delle aree protette e del motivo della loro istituzione, che spesso non è conosciuta neanche dai cittadini che abitano quei luoghi, può fornire un utile strumento di controllo e di prevenzione di danni al patrimonio naturale.

Gli operatori attivi in Calabria che lavorano per la natura e con la natura hanno sottolineato la generale scarsa competenza tecnica del personale degli organi regionali e di altre istituzioni che operano per la salvaguardia della biodiversità. Pur essendo presenti in Calabria delle università che formano personale con tutte le competenze necessarie per occuparsi della conservazione della natura, queste figure professionali non vengono quasi mai valorizzate e utilizzate e a esse vengono preferite figure con scarse o nulle competenze tecniche. L’utilizzo di professionisti della natura nei posti chiave è certamente un obiettivo da perseguire con determinazione anche per ottimizzare l’uso delle risorse e migliorare la conoscenza della biodiversità calabrese.

Il turismo naturalistico è certamente uno dei punti di forza dello sviluppo sostenibile in Calabria. Chi opera nel settore ha messo in evidenza che esistono molte infrastrutture inutilizzate o praticamente abbandonate a causa di ostacoli politici e burocratici che potrebbero essere ristrutturate e date in gestione a gruppi di professionisti per poter ottenere lavoro da questo settore. Nei parchi esistono molte strutture ricettive abbandonate che se fossero recuperate, senza costruirne di nuove, potrebbero dare nuovo slancio non solo al turismo naturalistico, ma anche allo sviluppo delle aree interne. A questo scopo è strettamente funzionale la manutenzione della viabilità che in molte aree è decisamente in pessime condizioni e che scoraggia la frequentazione delle aree interne. La cura del fondo stradale, sia esso asfaltato o meno, viene considerata importante dagli operatori del settore per avvicinare i cittadini alla natura.

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