In questi ultimi 60 anni, la Calabria è stata la regione più studiata ma, nello stesso tempo, paradossalmente, la meno conosciuta, nella quale continuano a prosperare i localismi che alimentano modelli di sviluppo improvvisati, episodici, sporadici, alcune volte anche anacronistici e al di fuori dei contesti e delle dinamiche nazionali, europee ed internazionali.
Famiglia, Scuola, Istituzioni Pubbliche e Società Civile non riescono più ad essere punti di riferimento stabili e sicuri e questa regione si sta svuotando dei propri cervelli lasciando prefigurare, per i prossimi anni, una Regione “invecchiata” senza mai essere stata giovane.
Quando si allenta il controllo e non si riesce a mantenere o a vigilare sulla tenuta democratica del sistema che si governa e/o in cui si vive, le conseguenze sono quelle che abbiamo sotto gli occhi.
Oggi, ci troviamo di fronte ad un sistema produttivo regionale assolutamente poco competitivo: un sistema nel quale è possibile continuare a ricattare i giovani disoccupati e le loro famiglie facendo loro credere che solo la politica può garantire posti di lavoro.
Un sistema nel quale il cittadino è costretto a convivere con una illegalità diffusa e a diventare, in alcuni casi, “creativo” per scavalcare le regole della convivenza civile.
La Calabria sta diventando sempre più una terra senza convergenze, lontana da quei valori comuni di cui ha bisogno una società per essere più ricca, non solo di risorse, ma di democrazia, di civiltà, di cultura, di libertà, di sapere, di solidarietà, di dignità, di rispetto del diritto, di senso di appartenenza, di orgoglio delle proprie origini, di unità nella diversità.
A tutto ciò occorre aggiungere il controllo di buona parte dell’economia regionale da parte della criminalità organizzata e la proliferazione, nel tessuto produttivo locale, dei cosiddetti “prenditori di contributi” che, facendo razzia delle risorse pubbliche, hanno lasciato sul terreno solo fallimenti e “deserti”.
Se siamo consapevoli di tutto ciò ci renderemo sicuramente conto che un modello di sviluppo tradizionale per la Calabria non serve.
Occorre, invece, un modello in grado di combinare un concreto equilibrio tra le sue diversità etniche, identitarie e culturali.
La vera sfida deve essere, perciò , quella non di puntare sul rafforzamento e sviluppo di un unicum che non esiste, ma trovare i punti di forza e gli strumenti per creare un insieme funzionale di complementarità ed interdipendenze capaci di legare le diverse specificità e peculiarità per portarle verso una vera unità nella diversità.