Confesso: quando a febbraio è cominciata a circolare la notizia della candidatura di Luigi de Magistris a Presidente della Calabria, io (che stavo frequentando gruppi e riunioni alla ricerca dell’arca perduta sempre contrastati dal PD, ormai partito di non si capisce cosa sono dove sto andando e cosa voglio) la cosa ha suscitato in me una certa diffidenza: e adesso questo che vuole? Mi sono chiesta.
De Magistris arriva e spariglia tutte le carte sul tavolo, per la verità non che ce ne fossero tante, molte erano ancora ben coperte, nonostante già da novembre qualcuno si fosse mosso per tracciare un percorso, nonostante ci fosse una destra dall’altra parte già coalizzata nella difesa della roccaforte, la stessa destra che ha letteralmente devastato e depredato questa regione che, senza la malapolitica, sarebbe meravigliosa, e invece spesso è un incubo da vivere.
Fatto sta che de Magistris non parla: fa, si mette in moto, agisce. Gli altri nicchiano, litigano, ironizzano, sfottono, fanno balletti con i nomi, un passo avanti e uno indietro. Lui invece tira dritto e comincia una sorta di tour della Calabria.
E lì, mi sono fermata a pensare: ma vuoi vedere invece che quest’uomo è in grado di aprire le finestre del panorama politico in questa stanza asfittica e mediocre che è ormai diventata questa regione, vuoi vedere che ha una visione della Calabria che è un po’ anche la mia e di tanti altri come me? Vuoi vedere che ha abbastanza energie, passione e competenze per ripulire il marcio e rimettere in moto le sabbie mobili dell’indifferenza e del malaffare nelle quali stiamo affogando?
Così ho cominciato a seguirlo sui social: tra paesi, borghi minuscoli, dimenticati, noti, con facce mai viste, con giovani che muovono associazioni sui territori con grande grinta e tra mille difficoltà. Piano piano davanti ai miei occhi, tessera dopo tessera, si è andato componendo un mosaico di luoghi e persone, con quest’uomo che ha preso uno zaino in spalla, scegliendolo quasi come simbolo, e ha cominciato, in fondo, a fare cosa? A camminare e parlare.
Io, che sono una che cammina, ho preso a guardarlo con occhi diversi, meno diffidenti e più aperti, a osservarlo nei dettagli, perché in fondo ti aspetti sempre che ci sia l’imbroglio da qualche parte.
E infatti dicono: ma lo sai a Napoli che ha fatto? E giù la lista dei si dice e dei ma e però, tuttavia di fatto nessuno che ti racconti qualcosa di concreto. E siccome a me al contrario piace essere concreta, ovvero farmi delle domande e darmi delle risposte senza i “si dice”, mi sono detta: ma sai cosa? Quest’uomo ha governato una città avendo contro tutti i partiti (centro destra e centro sinistra) contro il governo regionale e nazionale, ed è stato rieletto, le persone lo hanno confermato anche per il secondo mandato, quindi un cattivo amministratore non deve essere stato.
I fatti, prima di tutto.
Poi c’è chi: ma è napoletano! Cosa viene fare in Calabria? Cosa ha a che fare con la Calabria. È in cerca di una sistemazione!
Qui, se conosci un po’ la storia di de Magistris, il dubbio per la verità neanche ti viene, o ti passa subito, basta leggere due righe di biografia per conoscere un candidato (che è una cosa che tutti dovrebbero fare prima di prendere quella matita in mano o peggio sputare sentenze). Sapresti che ha una moglie calabrese, in Calabria ha fatto il magistrato e dunque la conosce (e conosce bene proprio quella parte che andrebbe estirpata, come il chirurgo che entra in sala operatoria per sconfiggere un tumore), un figlio è nato qui, fin da ragazzo è stato in Calabria, ma soprattutto, tu pensi: ma davvero temiamo il napoletano de Magistris e non ci preoccupiamo della colonizzazione selvaggia di Salvini in Calabria, quello che “i terroni non li vogliamo” e ora brioches e gelato a Pizzo? Quello che ha bisogno di grandi manovre nel governo centrale per realizzare i suoi progetti di autonomia differenziata con buona pace del centro sinistra che gli fa pure l’occhiolino? Ma davvero abbiamo la memoria e il comprendonio così corti? No, perché se è vero che lui non è candidato, c’è una squadra di uomini con facce che portano la sua maschera, praticamente controfigure. Ma sul serio si può diventare così buffoni da credere e rilanciare questa fandonia?
Infine c’è stata l’esperienza diretta: aver visto quest’uomo in azione dal vivo, in diverse tappe del tour elettorale estivo. E non c’è niente da fare, è palpabile quanto sappia parlare con le persone, infondere entusiasmo e grinta, quanto dopo, a evento finito, sia così coinvolto, attento, con lo sguardo fisso sulla persona che gli sta rivolgendo un saluto, una richiesta, donne, bambini, uomini o anziani non importa.
Lo so, starete pensando: questa ci vuol far credere che adesso è arrivato Gesù la domenica delle palme a fare i miracoli, senza pensare che è tutto un circo mediatico funzionale alla campagna elettorale. Ingenua.
No, è che un po’ ho studiato, una cosa che si chiama prossemica, ovvero il movimento del corpo nello spazio come fatto comunicativo. E il corpo, se lo sai leggere, non mente. O meglio puoi capire se sta mentendo. E finisci per farti la domanda contraria rispetto a quella iniziale: ma chi glielo fa fare? Imbarcarsi in una cosa così difficile?
Così da ultimo arrivo al dunque: non è più de Magistris sì de Magistris no: è il “noi” che si è consolidato in questa lunga campagna elettorale del candidato presidente in cammino con lo zainetto sulle spalle.
È un punto cruciale: l’aver riportato moltissimi giovani (visti con i miei occhi, persone con le quali sto lavorando da mesi) al centro dell’azione politica. L’aver ripopolato le piazze, in ogni angolo di questa sgarrupata Calabria, fuori dalle stanze deli bottoni, dei giochi di potere, semplicemente tra la gente. Una cosa che potrà anche sembrare retorica, ma è vera. Vista e vissuta, con emozioni annesse e speranze che si sono riaccese.
Pertanto, vada come vada, perché sappiamo che qui i voti si spostano a pacchetti secondo gli interessi, “noi” insieme al Presidente con lo zainetto che tutti chiamano Gigi, abbiamo già vinto, perché l’onda si è mossa ed ha una sua potenza. Da qui indietro non si torna.
Lui ha camminato e continua a camminare, e con lui noi, un noi che è andato crescendo e che molti, diciamo la verità, temono. Magari su questo bisognerebbe farsi due domande.
Adesso la domanda vera è: arrivati a quel bivio, il 3 e 4 ottobre, vogliamo cambiare davvero e toglierci di dosso questa maglia nera di ultimi o vogliamo che tutto rimanga com’è, ovvero all’osso dei servizi minimi senza risposta con al comando chi ha depredato le risorse di questa terra, qui e altrove, muovendo i bottoni?
Vogliamo entrare in una casa con le finestre spalancate, l’aria nuova, nella quale respirare e rinascere dopo aver dimenticato com’è vivere tutti con decenza, oppure in un’altra, che ha le finestre sbarrate, l’aria stantia, l’odore di muffa e naftalina, di vecchio, dove in apparenza cambiano arredamento ogni settimana ma cambiano perché niente cambi davvero?
Vogliamo essere sudditi rassegnati e lamentosi, come la narrazione della Calabria ci designa, o finalmente cittadini liberi?
La risposta sta a voi. Io la mia l’ho trovata.
Questa volta abbiamo davvero una grandissima responsabilità, per noi stessi e il futuro di questa terra: o state da una parte o state dall’altra, o il cambiamento (che ci serve come il pane) o la regione degli ultimi in tutto e della difesa degli interessi di pochi.

Per conto mio e per quel che vale, io mi fido di un presidente con lo zainetto che cammina e non ha santi in paradiso ma uomini e donne in terra.

Per concludere, segnalo un articolo significativo: siamo responsabili anche di questo http://www.vita.it/it/article/2021/09/13/la-politica-una-cosa-sporca-la-voce-dei-ragazzi-di-calabria